Morire di riparazioni
ALAIN GRESH
Il Manifesto, 23 Settembre 2000

Il Consiglio di amministrazione della Commissione risarcimenti dell'Onu per l'Iraq (Uncc), si riunirà il 26 settembre a Ginevra per decidere su una richiesta di indennizzo di 15 miliardi di dollari presentata contro Baghdad dalla Kuwait Petroleum Corporation. La riunione è stata rinviata più volte, l'ultima delle quali il 30 giugno scorso, per il dissenso contro la richiesta kuwaitiana dei diplomatici francesi e russi. L'Uncc, che svolge ormai da dieci anni la propria attività nei propri uffici disseminati nella zona internazionale di Ginevra, è sconosciuta al grande pubblico. Questo organismo occulto, al riparo da occhi indiscreti, costituisce tuttavia uno dei meccanismi essenziali della strategia di annientamento dell'Iraq. Nessun giornalista frequenta i corridoi della Commissione risarcimenti. Nessun dibattito pubblico è in corso sulla sua legalità, contestabile, o sulle sue pratiche, dubbie. Tuttavia, le casse di questa istituzione si sono prese, dal dicembre '96, un terzo dei proventi delle esportazioni di Baghdad : 11 miliardi di dollari...
Nell'aprile '91, all'indomani della vittoria degli Alleati nella guerra del Golfo, il Consiglio di sicurezza conferma che l'Iraq "è responsabile, in virtù del diritto internazionale, di tutte le perdite, di tutti i danni (...), nonché di tutti i pregiudizi subiti da altri stati, dalle persone fisiche e dalle società straniere, direttamente imputabili all'invasione e all'occupazione illecita del Kuwait da parte dell'Iraq ". L'Uncc, incaricata di raccogliere le richieste di risarcimento, è stata istituita dalla risoluzione 692 del Consiglio di sicurezza del 20 maggio '91. Nel Consiglio di amministrazione siedono i rappresentanti dei quindici membri del Consiglio di sicurezza. L'Uncc decide l'ammontare dei risarcimenti da versare a ogni richiedente, sulla base di un rapporto presentato da un gruppo di tre commissari, esperti scelti dal segretariato esecutivo, organo in via di principio solo amministrativo, ma che in realtà è il luogo dove si annida il vero potere. Il segretariato, sotto il controllo degli Stati uniti fin dalla sua costituzione, ha "orientato" tutte le decisioni della Commissione.
La procedura adottata dal Consiglio di sicurezza non ha precedenti, almeno dopo il trattato di Versailles che aveva messo fine alla prima guerra mondiale... e gettato le basi della seconda. L'articolo 231 del trattato di Versailles rendeva la Germania sola responsabile della guerra e l'obbligava a onorare infinite riparazioni di guerra (...)
Michael E. Schneider, ex professore di diritto pubblico internazionale, avvocato dello studio Lalive & Parners, denuncia la principale aberrazione della procedura: l'Iraq non viene riconosciuto come "una parte in causa nel processo (a defendant party). L'accordo del principale interessato non è richiesto. L'Iraq - e solo l'Iraq -deve pagare ogni centesimo speso per la procedura, per gli emolumenti versati ai commissari e ai loro esperti, ma il paese non ha nemmeno il diritto di prendere visione del lavoro compiuto da questi stessi esperti". Baghdad deve rendere conto per i danni provocati dall'invasione omicida del Kuwait. Ma anche un criminale ha diritto alla difesa e a un avvocato; non gli viene chiesto di pagare i costi della procedura, dei giudici e dell'"inchiesta". Ogni anno vengono prelevati 50 milioni di dollari sui proventi delle esportazioni irachene per sovvenzionare la Commissione, tutti gli spostamenti degli esperti - i consistenti emolumenti versati ai commissari... Per la prima volta nella storia del diritto internazionale dopo la fine della seconda guerra mondiale, uno stato non ha diritto di parola in una procedura che lo riguarda. Mohamed El Douri, ambasciatore iracheno alle Nazioni unite a Ginevra, ex professore di diritto internazionale, lavora "sotto embargo". L'Iraq ha perso il diritto di voto alle Nazioni unite, perché non ha pagato le proprie quote, mentre il principale debitore dell'organizzazione, gli Stati uniti (più di 1 miliardo di dollari di debiti) non ha mai subito una sanzione analoga. El Douri spiega a lungo, minuziosamente, la situazione. I dossier n.4003197 e 4004439, presentati dalla Kuwait Petroleum Corporation, per la somma di 21,6 miliardi di dollari, evocati più sopra, sono esemplari. Riguardano sia la sospensione della produzione e della vendita del petrolio kuwaitiano durante l'occupazione irachena che le perdite dovute in particolare agli incendi. Le richieste kuwaitiane, contenute in decine di migliaia di pagine, sono state consegnate, il 20 maggio e il 24 giugno '94. Baghdad è stata informata del contenuto soltanto attraverso un rissunto consegnato il ...2 febbraio '99. Ha avuto tempo fino al 19 settembre per presentare le proprie osservazioni.
La Commissione non ha autorizzato il governo iracheno a effettuare prelievi sui proventi delle esportazioni - cioè sui propri soldi ! -per pagare i grandi studi legali ai quali ha dovuto rivolgersi. "Abbiamo comunque trasmesso le nostre osservazioni - prosegue l'ambasciatore -alle quali il Kuwait ha risposto, ma... non conosciamo il contenuto di questa replica. Dopo molto tergiversare, abbiamo alla fine ottenuto il diritto di presentare le nostre osservazioni - al massimo in un'ora! - di fronte ai commissari, il 14 dicembre '99 ". Questi ultimi alla fine hanno accordato 15 miliardi di risarcimenti ai querelanti, sollevando per la prima volta le riserve di francesi e russi all'interno del consiglio di amministrazione. "Come è possibile discutere i fascicoli senza pareri contraddittori - si interroga l'avvocato Michael Schneider - senza dare la possibilità a nessuna delle parti in causa di presentare il proprio punto di vista ?
Nel '91, il segretario generale delle Nazioni unite aveva raccomandato che l'Iraq fosse "informato di tutte le querele" e avesse "il diritto di presentare la propria risposta ai commissari". Ma alla fine il Consiglio di sicurezza non l'ha seguito su questo punto e ha semplicemente accettato che Baghdad avesse "il diritto di ricevere un riassunto redatto dal segretario esecutivo e di fare commenti a partire da questo". Una procedura più vicina all'Inquisizione che alle forme giuridiche moderne - come riconosce Norbert Wühler, capo del dipartimento legale dell'Uncc, che parla di "procedura inquisitoria" (3). L'Uncc giustifica queste pratiche con la necessità di rimborsare rapidamente le centinaia di migliaia di "piccoli ", gravemente lesi dall'invasione del Kuwait: sui 2,6 milioni di richieste di risarcimento, la quasi-totalità proviene da privati. Ma la somma che pretendono ammonta complessivamente solo a 20 miliardi di dollari, sui 320 miliardi di risarcimento richiesti all'Iraq. In questo modo, i 15 miliardi di dollari offerti alla Kuwait Petroleum Corporation equivalgono all'ammontare complessivo che alla fine verrà versato a 2,6 milioni di persone - equivalgono anche all'ammontare ricevuto dal governo iracheno, tra dicembre '96 e luglio 2000, per nutrire e curare 15 milioni di persone. Uomo-chiave dell'Uncc, Michael F. Raboin è vice-segretario esecutivo, responsabile della divisione che si occupa dei reclami (sovrintende quindi a tutte le domande di risarcimento) ed è cittadino statunitense. E' lui che ha organizzato il segretariato, fin dal '91. Ha portato con sé Norbert Wühler con il quale aveva lavorato all'Iran-United States Claims Tribunal, istituito all'inizio degli anni '80. I due affermano di essere "imparziali".
"Imparziali" ? Un ex funzionario egiziano, che ha lavorato in questo ufficio, si ricorda che gli veniva regolarmente richiesto, nel suo lavoro, di "rendere i criteri il più possibile generosi" così da arrivare a un massimo di risposte favorevoli. Un altro funzionario, un europeo, è stato colpito da una espressione che veniva regolarmente utilizzata : "doctoring the samples " (manipolare i campioni statistici). In questo modo, i modelli statistici che dovevano permettere di rimborsare rapidamente le vittime, sono stati allegramente modificati. La scarsità di documenti di prima mano (ricevute, fatture ecc.) forniti dai querelanti ha facilitato queste manovre. Per esempio, i kuwaitiani hanno presentato 160mila richieste individuali di risarcimento, alcune a nome di neonati. In numerosi casi, fascicoli diversi facevano riferimento a eguali numeri di telefono, ed erano relativi alle medesime perdite. Il rapporto di un organismo di controllo ne critica i metodi adottati, senza successo. Un altro funzionario europeo evoca le pressioni esercitate dalla delegazione kuwaitiana "di modo che le procedure siano favorevoli al paese". Ancora più scandaloso, il governo statunitense ha ufficialmente chiesto -nel febbraio '98 - al Consiglio di amministrazione di rivedere i parametri per il pagamento dei kuwaitiani. Il segretariato esecutivo si è piegato anche a questo "consiglio". I più grossi fascicoli di risarcimento sono in corso di esame - restavano ancora, al 16 giugno 2000, 267 miliardi di dollari di richieste da esaminare. Certo, una parte di esse, stravaganti, sono state e saranno respinte. Ma bisogna sottolineare che gli alleati degli Stati uniti -Kuwait, Arabia saudita o Israele - godono di un trattamento di favore, con il pretesto che sarebbero stati colpiti da missili Scud. Per esempio, ditte di fiori o di frutta e verdura, numerosi cinema e alberghi israeliani hanno ricevuto milioni di dollari per compensare il calo delle attività durante la crisi. Come se la Gran Bretagna avesse preteso risarcimenti dalla Germania perché la frequentazione delle sale cinematografiche era diminuita tra il '39 e il'45.
La Commissione ha ricevuto richieste di indennizzo per un ammontare di 320 miliardi di dollari, di cui 180 miliardi solo per il Kuwait, vale a dire l'equivalente di nove volte il prodotto interno lordo del paese nell'89, ma questo non sembra stupire nessuno. Anche se supponiamo che i risarcimenti accordati si limiteranno a un terzo di questa somma, siamo sempre a 100 miliardi di dollari. A cui vanno aggiunti gli interessi, per periodi che variano da 10 a 15 anni : verrebbe così raggiunta la somma di 300 miliardi di dollari. Cosa che, al prezzo attuale del barile - molto alto -rappresenta comunque il valore di 15-20 anni di esportazioni petrolifere dell'Iraq. Se il paese continua a destinare al risarcimento un terzo delle entrate, avrà finito di rimborsare nel 2050-2060 -senza parlare dei debiti contratti prima del '90... Cosa resterà allora delle scuole, degli ospedali, delle infrastrutture irachene ?
E' legale far pagare un paese indipendentemente dalle sue possibilità, senza fissare nessun tetto ? L'articolo 14 del trattato di pace tra gli Stati uniti e il Giappone del '51 dava a questo interrogativo una risposta negativa. D'altronde, anche la risoluzione 687 riconosceva che, per il pagamento dei risarcimenti, bisognava tener conto, dei "bisogni del popolo iracheno, delle possibilità di pagamento dell'Iraq ". Ma c'è da chiedersi se le Nazioni unite rispettino i propri testi. Da lunghi anni, la Commissione di diritto internazionale, istituita dalle Nazioni unite, riflette sul tema della responsabilità degli stati. Prepara una convenzione, che è già oggetto di ampio consenso. Nell'articolo 42 del testo elaborato, si precisa: "In nessun caso il risarcimento deve avere per effetto di privare una popolazione dei propri mezzi di sussistenza". Alcuni giuristi, tra cui il tedesco Bernard Graefrath, vanno più lontano e mettono in questione il diritto del Consiglio di sicurezza nel determinare l'importo degli indennizzi in un conflitto tra due parti. Raboin, interrogato su questo punto, come altri membri del segretariato, precisa : "Pensiamo che le Nazioni unite avessero creato un precedente (drawing a line) dopo l'invasione del Kuwait. Abbiamo visto in seguito che cosa è diventato questo precedente, questo "nuovo ordine mondiale" in Bosnia o nel Libano del sud o in Palestina... Come rivela un diplomatico europeo, il funzionamento dell'Uncc dipende piuttosto dalla situazione internazionale del '91. "Oggi, un'istituzione del genere non potrebbe nascere. Gli Usa non sarebbero in grado di imporla". Ci sono però voluti più di dieci anni perché la Francia e la Russia finissero per alzare la voce...

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