Anatomia del razzismo
Disumanizzazione. "L'insulto più apertamente razzista è rappresentato dal furto (da parte degli israeliani) della nostra umanità"
HANNAN ASHRAWI*
Il Manifesto, 4 Novembre 2000

Accusare la vittima è la scappatoia abituale di coloro che razionalizzano e distorcono l'orrore del crimine in quanto tale. Che si tratti di mogli malmenate, di bambini aggrediti o dei palestinesi da tempo soggetti alla brutalità dell'orrenda occupazione israeliana, il primo (e l'ultimo) espediente usato dai vigliacchi consiste nel dileggiare la vittima, nell'accusarla di aver attirato su di sè la meritata crudeltà del crimine.
Il prerequisito essenziale di questa operazione è, ovviamente, la totale disumanizzazione delle vittime, nonché l'eliminazione dei loro diritti più elementari e delle loro esigenze di protezione. Inevitabilmente la conseguente aggravata vittimizzazione viene ulteriormente rinforzata da un'accresciuta vulnerabilità, da distorsioni e dall'esclusione dalla protezione che scaturisce da considerazioni umane e da imperativi morali. Perciò la recente esplosione degli scontri tra l'esercito di occupazione israeliano ed i manifestanti civili palestinesi ha costituito il terreno su cui si è dispiegata l'intera forza della macchina propagandistica israeliana in un esercizio - altamente deliberato, concentrato e razzista - di inganno e di disumanizzazione diretto contro un intero popolo. La forma più basilare d'inganno risiede nello stabilire una simmetria tra l'occupante e l'occupato, tra l'oppressore e la vittima. La "violenza" del potente esercito di occupazione israeliano che usa munizioni attive, carri armati e elicotteri d'assalto viene (nel migliore dei casi) equiparata alla "violenza" dei civili palestinesi che protestano per la loro vittimizzazione e la continua perdita di diritti, di terre, di vite umane. Inoltre ai palestinesi viene intimato di essere docili, di fermare la "violenza" e l'assedio ad Israele - come se il più forte esercito della regione venisse "minacciato" dal rifiuto da parte del popolo disarmato di sopportarne l'occupazione e la brutalità. Ironicamente ciò si accompagna a una svalutazione dei diritti e della vita dei palestinesi trasformando la nostra obiettiva debolezza in una diminuzione dei nostri diritti cosicché è il potente a determinare i parametri di "giustizia" per il debole.
Tale rappresentazione è costantemente affetta dalla sindrome del "fardello dell'uomo bianco". I palestinesi dovrebbero essere riconoscenti qualsiasi sia la natura della "generosa offerta" che Israele ha decsio di concedere, indipendentemente dalla ostentata ingiustizia e illegalità che comporta la posizione negoziale israeliana. In Israele (come negli Usa) tanto l'estrema destra quanto l'estrema sinistra hanno assunto verso la pace quest'atteggiamento condiscendente e paternalistico: Barak è andato più "lontano" di tutti "offrendo" ai palestinesi quasi il 90% delle loro terre e qualche "responsabilità" su Gerusalemme e questi ingrati di palestinesi fanno gli intransigenti ed assumono una linea dura.

Abbiamo già effettuato un compromesso al ribasso su un'area che copre appena il 22% della Palestina storica, ora ci viene richiesto di farci complici dell'illegale annessione israeliana di Gerusalemme e delle sue politiche di colonizzazione. Si tratterebbe cioè di un empio partenariato concepito apposta per violare il diritto internazionale e le risoluzioni dell'Onu. Nel caso non fossimo disposti ad autonegarci, rifiutassimo il ruolo di buoni piccoli indigeni econtinuassimo a respingere la unilaterale versione israeliana della "pace" che ci "offre" uno staterello vassallo formato da isolati bantustan nell'ambito del sistema di apartheid di Israele, verremmo allora costretti a sottometterci a forza di cannonate. Dopotutto, se le pressioni, le minacce e le forzature politiche non funzionano, la diretta aggressione militare può produrre i risultati voluti dato che "gli arabi capiscono solo il linguaggio della forza". Tattiche intimidatorie ad effetto immediato o atteggiamenti politici volti ad instillare il panico entrano in azione attraverso l'uso di etichette come "palestinesi violenti", "dittatoriali", "terroristi", adducendo contemporaneamente a prova di tale deformante presentazione la realtà stessa della volontà palestinese di resistere al giogo ed all'oppressione.

Una situazione di tipo catch 22 è chiaramente visibile: Arafat deve "controllare" il suo popolo (una nazione di pecore?) e "ordinargli" di calmarsi e di accettare l'asservimento e la repressione da parte degli israeliani, altrimenti egli non sarà più un "partner per la pace" e non potrà più essere considerato come un "leader". Contemporaneamente si dice che Israele non può trattare con Arafat o con i palestinesi perchè ambedue sono inerentemente "non democratici" e, quindi, non hanno nulla in comune con le civili democrazie quali quella di Israele e degli Usa. Parallelamente vengono facilmente ripescate altre etichette ed epiteti stereotipati in un comodo esercizio di etichettatura volto a ridurre la dimensione umana dei palestinesi. Gli ormai storici e noti insulti usati dagli esponenti israeliani (scarafaggi, vermi a due zampe, cani) sono stati estesi ai termini "serpenti" e "coccodrilli". La riduzione della nostra dimensione umana ad una serie di astrazioni raggiunge aspetti quanto mai sinistri nel gioco dei numeri. Le vittime palestinesi del fuoco israeliano sono quotidianamente presentate in termini di "x" uccisi e "y" feriti. I loro nomi, identità, le loro speranze schiacciate e i sogni distrutti non vengono mai menzionati. Assenti sono anche il dolore e l'angoscia delle loro madri dei padri, delle sorelle e dei fratelli e di tutti i loro cari che dovranno vivere con quella la tragica perdita. La documentazione visiva dell'assassinio a sangue freddo del bambino Muhammad al Durra ha mandato in frantumi la sensazione di compiacimento di coloro cui faceva comodo l'anonimità dei palestinesi e l'invisibilità della loro sofferenza. Anche allora, la macchina propagandistica israeliana ha cercato di distorcere la verità di fronte all'irrefutabile evidenza. Inizialmente si disse che il bambino era stato ucciso da "tiratori" palestinesi, poi che egli si trovava nel bel mezzo di "tiri incrociati". La versione peggiore fu la presentazione del bambino come un "mestatore" o come un bricconcello cacciatosi nei guai - come se la morte deliberata costituisse la reazione appropriata ad un bambino che vive la sua infanzia. L'ultima accusa si fondava sul quesito "che cosa faceva lì?" la vera domanda avrebbe invece dovuto essere "che cosa ci stava a fare l'esercito israeliano" nel cuore di Gaza palestinese a sparare sui civili compreso un padre e suo figlio colti in flagrante nell'atto provocatorio di indulgere a fare delle compere assieme.

Si osservi tuttavia la differenza: quando due agenti israeliani - che appartenevano alle note squadre della morte israeliane - vennero uccsi da manifestanti palestinesi nessun palestinese cercò di giustificare tale atto. Furono invece emessi ordini di indagare ed arrestare i colpevoli. Dopotutto dovrebbero pur valere le regole della legge e le procedure di diritto. Israele ha invece spostato i suoi carri armati ed il suo esercito ancora più vicino alle città palestiniesi al fine di stringere ulteriormente l'assedio ed il soffocamento. Ha fatto poi intervenire gli elicotteri d'attacco Apaches bombardando così le città ed i villaggi palestinesi secondo una logica assolutamente insensata e crudele di punizione collettiva. La versione israeliana dei fatti ha presentato gli agenti israeliani come dei soldati della riserva che avevano sbagliato strada sconfinando nella città di Ramallah per poi venir linciati dalla folla. Espressioni come "massacro", "sete di sangue", "barbarie" sono diventate moneta verbale corrente. Nessuno vorrebbe giustificare l'uccisione dei soldati, tuttavia è importante considerare i fatti reali ed il loro contesto.
Ramallah in quanto città completamente sotto assedio militare israeliano è stata chiusa a tutto il traffico sia in entrata che in uscita. Un solo punto d'accesso è rimasto aperto, interamente controllato da molteplici posti di blocco israeliani. Di conseguenza "sconfinare" dentro Ramallah richiederebbe una serie di deliberati tentativi da perseguire con tenacia, persistenza ed anche con scaltrezza. I due agenti in borghese israeliani si erano chiaramente infiltrati ed immischiati in una manifestazione di protesta che si stava svolgendo al centro della città. Il motivo della manifestazione era il funerale di un palestinese, Issam Joudeh Hamad, del villaggio di Um Safa, che era stato rapito da coloni israeliani e torturato a morte nella maniera più macabra. Le raccapriccianti immagini fotografiche del cadavere, assieme alle testimonianze dei medici che l'avevano esaminato, non vennero ripetutemente esibite di fronte agli occhi del mondo con l'obiettivo di guadagnare punti o di disumanizzare gli israeliani. Alcune stazioni arabe mi hanno informato che, visto l'orrore delle immagini, si erano astenute dall'usarle. La maggioranza delle persone alla manifestazione (nellà citta palestinese assediata di Ramallah) conosceva la vittima e alcuni ne aveva visto il cadavere. I due agenti in borghese israeliani che si erano infiltrati nella manifestazione furono riconosciuti come appartenenti alle "Squadre della morte" già responsabili di assassinii e provocazioni. Malgrado il tentativo della polizia palestinese di proteggerli i due vennero uccisi di fronte alle telecamere. Questo fatto divenne la giustificazione istantanea per bollare tutti i palestinesi come assassini e per lanciare una delle più sistematiche e avvelenate campagne d'odio della storia recente. Ha anche costituito la giustificazione degli attacchi aerei israeliani su Ramallah e sulle altre città palestinesi.

In un commovente appello ai suoi compatrioti chiamandoli a non sfruttare quest'incidente per giustificare il razzismo e l'odio (13 ottobre, 2000), il poeta israeliano Yitzhak Laor documenta svariati casi di linciaggio di palestinesi da parte dell'esercito israeliano e delle forze di sicurezza. In tutti questi casi gli esecutori non sono mai stati puniti, nessuno sdegno morale è stato espresso dal pubblico israeliano, non parliamo poi di un eventuale bombardamento di città israeliane! Lo stesso dicasi per il regno del terrore instaurato dai coloni israeliani che, con la protezione e la collusione dei militari israeliani, colpisce i palestinesi nelle loro case e nelle loro città. Viene spesso ignorato il carattere sinistro e letale della violenza dei coloni, sfrenati estremisti armati, presentati come dei "civili israeliani" indifesi accerchiati da palestinesi ostili. L'illegalità degli insediamenti israeliani, il fondamentalismo estremista dei coloni armati, le orribili azioni di rapimento, tortura, uccisione e semplicemente di violenza commesse nell'impunità - tutto ciò raramente viene menzionato. I palestinesi continuano ad essere ritenuti colpevoli.

L'insulto più apertamente razzista proviene dal furto da parte di Israele della nostra umanità in quanto genitori. Nel tentativo di rapinarci dei sentimenti più elementari nei confronti dei nostri figli, veniamo accusati di "mandare i (nostri) bambini a morire" al fine di "guadagnare l'attenzione dei media". L'orrore è aggravato dalla generale ed indiscussa tranquillità con cui tale immane insulto viene ripetuto dagli israeliani di tutti i partiti, senza prendere alcuna distanza critica o mostrare consapevolezza nei confronti dell'enormità di quest'accusa razzista. Quando i bambini palestinesi furono presi come bersaglio dai tiratori scelti israeliani e da altre violenze militari, il ministro della pubblica istruzione [palestinese, ndr] non ebbe altra scelta che chiudere temporaneamente le scuole per minimizzare l'esposizione degli scolari [ai tiri israeliani, ndr] durante il loro tragitto verso la scuola. La macchina propagandistica israeliana ha preso la cosa al balzo affermando che le scuole erano state chiuse per "lasciare liberi" i nostri figli e farli partecipare ai "tumulti"ostruendo così la traiettoria dei proiettili israeliani.
La sicurezza delle case ed i tentativi dei genitori di proteggere i figli non sono nemmeno presi in cosiderazione. Effettivamente la bambina di 18 mesi Sara Abdel-Athim Hassan è stata uccisa quando si trovava sul sedile posteriore dell'automobile di suo padre, mentre altre piccole vittime sono state uccise dentro o accanto alle loro abitazioni. Mu'ayyad al-Jawarsih di 12 anni è stato ucciso nel giardino di casa. La maggioranza dei bambini sono stati colpiti alla testa o alle parti alte del corpo, prevalentemente da proiettili ad alta velocità. Gli occhi dei bambini hanno costituito il bersaglio piu comune per i proiettili d'acciao rivestiti di gomma. L'esercito di Israele ha messo in opera una politica diretta a sparare con lo scopo di uccidere (o per causare invalidità permanente) che ha tolto la vita ad oltre 105 palestinesi [oggi oltre 160, ndr] ferendone più di 3000 (molti dei quali con lesioni permanenti).
Gli esponenti israeliani asseriscono di aver agito con "moderazione". Certo essi possono fare molto peggio: possono commettere un genocidio oppure completare la pulizia etnica iniziata nel 1948. Nondimeno, è la "sicurezza" di Israele ad essere in gioco. Il potente esercito d'occupazione israeliano trema di fronte al grido del popolo palestinese per la giustizia e la libertà. Il popolo palestinese non necessita sicurezza sulla propria terra, nelle proprie case perchè è stato sistematicamente disumanizzato dal suo oppressore al punto di meritare ciò che gli sta succedendo. Molto peggio che essere "inesistenti" (come vorrebbe il mito [sionista, ndr] di "una terra senza popolo per un popolo senza terra" - che ora sembra accolto anche da Shimon Peres), appariamo - nella narrativa ufficiale israeliana -come esistenti ad un livello inferiore, come una specie sub-umana priva delle più elementari qualità e diritti che guidano la coscienza ed i valori morali dell'umanità intera. Tutto ciò per alleviare la colpa e la responsabilità del vero colpevole. Gli apologeti dell'occupazione israeliana devono trovare un destinatario alternativo da accusare per gli orrori inflitti ai palestinesi. Allora cosa c'è di meglio delle vittime stesse?


(*) direttrice del Miftah (Centro per la democrazia di Gerusalemme), ex portavoce della delegazione palestinese alla Conferenza di Madrid del 1991, ex ministro dell'istruzione superiore dell'Anp
(da Znet, traduzione di Joseph Halevi)

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