Alexandra Poolos
LA POLITICA DELLE DONNE.
IN RUANDA

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (mailto:sheela59@libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Alexandra Poolos. Alexandra Poolos e' fra le editrici di "Women News", ha lavorato per Radio Free Europe, il "Wall Street Journal" e "Newsday"; insegna alla facolta' di giornalismo della Columbia University]

Gisozi, Ruanda. La governatrice Marie Izabilza siede composta sul pavimento sporco di una stanza di cemento, nell'impoverito sobborgo di Kigali. Il suo viso rotondo e' contratto dalla concentrazione. Di fronte a lei una dozzina di giovani ruandesi, orfani di guerra, parlano delle loro preoccupazioni.
"E' difficile per me restare a scuola", dice Josephina Ndushamazina, che ha 25 anni e deve camminare cinque ore per raggiungere la scuola media che frequenta, "Ho vissuto molto male, ero una bambina di strada, e non ho soldi
per pagare le tasse scolastiche e i trasporti. Quando ho soldi, li uso per mangiare".
"Anche se vado a scuola, non riesco a prestare attenzione alle lezioni", aggiunge Delanoe Nyagatarie, ventunenne, "Non e' solo il fatto che ho fame. E' che continuo a pensare a cosa fare per i miei cinque fratelli e sorelle".
La governatrice Izabilza annuisce ascoltando ogni richiesta, che si tratti di continuare la scuola, di trovare un lavoro, di avere del cibo o cure sanitarie. Recentemente eletta governatrice di questa provincia che conta diverse migliaia di abitanti, sta incontrando un gruppo di ragazzi e ragazze i cui genitori sono stati uccisi nel genocidio del 1994. Da allora, hanno vissuto dovendo contare per lo piu' su se stessi, facendo anche da padri e madri ai loro fratelli minori.
In risposta alle loro domande, Izabilza comincia un brainstorming. Dalla contabilita' provinciale puo' ricavare qualche borsa di studio; costruire una nuova scuola nella provincia darebbe anche lavoro a molti degli orfani; a tutti loro garantisce assistenza sanitaria e chiede che si rechino nelle cliniche per una visita di base.
"Da quando sono governatrice, dice, la gente e' contenta di me. Per la maggior parte del tempo sono in giro a chiedere che problemi hanno e con loro tento di arrivare a delle soluzioni".
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Izabilza ed altre come lei sono parte della nuova ondata di donne politiche che lavorano a livello locale in Ruanda, una nazione che si sta ancora riprendendo da un genocidio che provoco' 800.000 morti in cento giorni.
Le donne in Ruanda detengono il 49% dei seggi alla Camera, la piu' ampia percentuale di donne in Parlamento del mondo intero. Numerose fanno parte del governo, inclusa la Ministra della Giustizia. Una donna e' a capo della polizia e un'altra donna guida la Commissione nazionale per la riconciliazione. Ora, coloro che hanno raggiunto questi livelli, stanno premendo per avere piu' donne leader nei governi locali: vogliono raggiungere le altre donne in tutto il paese, ed istruirle affinche' si presentino alle elezioni amministrative il prossimo anno.
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Marte Sabre, presidente del Comitato delle donne ruandesi che ha sede a Kigali, e' fra queste. Vuole avere piu' politiche come Izabilza.
"Normalmente, dice, nella nostra cultura si suppone che una donna debba essere timida. Questa e' una barriera, perche' non puoi guidare nessuno se non hai fiducia in te stessa". Per costruire tale senso di fiducia, Marte Sabre conduce seminari in tutto il paese, e insegna le tecniche efficaci per le campagne elettorali ed i rapporti con i media.
"Le donne hanno ancora tutto il carico delle responsabilita' familiari, soffrono il peso degli stereotipi di genere per cui l'uomo e' visto come il capo della famiglia, e inoltre la violenza domestica e' un vero e serio problema in Ruanda", aggiunge.
Le donne politiche ruandesi sono assai consapevoli dell'importanza del discorso di genere per gli uomini e nei seminari vengono incoraggiate a gestire le preoccupazioni maschili. "Se dimentichi gli uomini, non risolvi i problemi reali della societa'", dice ancora Sabre, "Noi istruiamo le donne,
ma vengono istruite proprio ad occuparsi di tutti".
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Prima del genocidio, circa il 10% delle donne in Ruanda era alfabetizzata. Oggi le donne con un titolo di studio sono oltre il 50%. Un altro grande cambiamento si e' determinato con la legge del 1999, che permette la trasmissione ereditaria delle proprieta' familiari anche per via femminile.
"La vita delle donne qui si e' trasformata", dice  Elizabeth Powley, direttrice dell'ufficio ruandese di Women Waging Peace, "Sono assai consce del momento storico e del loro posto nel mondo, e sono pronte ad affrontare le sfide che hanno davanti".
Il prossimo passo, secondo Powley, consiste nel trasformare i numeri in un'influenza reale, che migliori le vite delle donne.
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Numerose questioni rimangono sul tappeto: un terzo delle famiglie del paese e' retto da vedove od orfani di guerra; il tasso di mortalita' materna e' uno dei piu' alti del mondo; l'aids ha fatto scendere l'aspettativa di vita di una donna dai 45 anni del 1990 ai 39 del 2003: il 13% dei ruandesi fra i
15 e i 49 anni e' sieropositivo.
L'agricoltura genera il 90% della ricchezza del paese, e sono in stragrande maggioranza le donne a lavorare i campi. Molte di esse soffrono ancora dei traumi conseguenti alla guerra e al genocidio: sono state stuprate, hanno subito violenze fisiche, hanno visto morire i propri cari.
Sono tutti problemi che donne come Aime Barihuta, vicegovernatrice della provincia di Gitarama, sono ansiose di risolvere. Mi dice che l'aids e' il piu' grande problema del suo distretto e che sta favorendo l'informazione sanitaria fra le donne. Ma il suo progetto principale e' l'istruzione per le
bambine, che lei vede come il modo a lungo termine per eliminare il problema e creare prospettive economiche per le donne.
"La questione chiave e' la poverta', sostiene Barihuta, Dietro alla poverta' vengono tutti i problemi
sociali". Incoraggiate dalla vicegovernatrice, molte famiglie hanno cominciato a mandare a scuola le bambine. Barihuta, che si ripresentera' alle elezioni nel 2006, dice di essere fermamente legata al suo impegno politico. "Se saro' ancora viva, continuero' il lavoro e portero' a termine cio' che ho iniziato".