sommario
> Capitolo 2. [M. Michelino:1970-1983 - La lotta di classe nelle
grandi fabbriche di Sesto San Giovanni]
LA SVOLTA DELL’EUR E LA NASCITA DEL COORDINAMENTO
OPERAIO DI SESTO SAN GIOVANNI
Dal sindacato conflittuale al sindacato
cogestore.
Nel 1977 il sindacato confederale (CGIL-CISL-UIL)
attua la cosiddetta “svolta dell’EUR” basata sui sacrifici imposti ai proletari
per fare uscire il paese dalla crisi. Luciano Lama, segretario generale della
CGIL , per la prima volta dichiara pubblicamente: “è un diritto dei padroni che
dimostrano di essere in crisi quello di liberarsi degli esuberi”. Questa
dichiarazione creò grande malcontento tra i lavoratori.
Durante un
provocatorio tentativo di comizio davanti all’Università di Roma, Luciano Lama e
il servizio d’ordine del PCI vengono travolti da centinaia di studenti e
lavoratori. Il segretario della CGIL viene costretto alla fuga mentre nella
piazza si accende una vera e propria battaglia tra la polizia accorsa in massa a
difenderlo e i dimostranti.
Questo episodio verrà subito usato dallo
Stato e dal PCI per dare fiato alla campagna “contro il terrorismo” e in “difesa
dello stato democratico nato dalla Resistenza”. Il parlamento “democratico”
approva a tempo di record le nuove misure di polizia ed il sindacato si assume
il compito di essere il principale sostenitore fra i lavoratori degli interessi
“dell’economia nazionale” a cui subordina le richieste operaie rendendole
“compatibili”.
La riduzione del costo del lavoro, tema ricorrente negli
anni successivi, diventa il punto centrale del documento economico del direttivo
CGIL-CISL-UIL del gennaio 1978. La prima applicazione si traduce, come riporta
il documento, nel “responsabile contenimento delle rivendicazioni accompagnato
allo scaglionamento degli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali, che riducano
le ripercussioni della crescita delle retribuzioni dirette sul costo complessivo
del lavoro”. Inoltre, usando i disoccupati come arma di ricatto contro gli
occupati, CGIL-CISL-UIL chiedono sacrifici ai lavoratori, costringendoli a
lavorare di più e a costi più bassi, con l’unico risultato di abbassare i
salari. Si entra così in una spirale infernale, perché i bassi salari
costringono al doppio lavoro e questo contribuisce ad espellere dai luoghi di
lavoro gli operai e gli impiegati resi “esuberi”. Il risultato è che la politica
dei sacrifici aumenta la disoccupazione.
Questo piano delle
confederazioni contiene altre dichiarazioni impensabili solo pochi anni prima,
come la mobilità del lavoro che produrrà nuovi licenziamenti.
Continua il
documento sindacale:
“la mobilità nel quadro di un coerente programma di
sviluppo è una necessità, sia all’interno delle imprese, sia fra le imprese,
anche fra diversi settori di attività economica; inoltre i processi di mobilità
vanno ricondotti nel quadro di un governo pubblico unitario del collocamento,
della mobilità, della formazione professionale e del lavoro da realizzare con un
impegno diretto delle Regioni”. Sacrifici a sostegno dell’economia nazionale
sono dunque le proposte politiche che CGIL-CISLUIL fanno ai
lavoratori.
Tradotte in altre parole queste proposte
significheranno:
- AUMENTO DEI PROFITTI PER I CAPITALISTI
- ABOLIZIONE
DELLE FESTIVITA’, AUMENTO DEGLI INFORTUNI E DELLA NOCIVITA’ PER I
LAVORATORI
Ma nelle fabbriche i lavoratori iniziano ad esprimersi anche
con forme di lotta e di organizzazione indipendenti dal PCI e dal
sindacato.
Una delle prime fu quella degli operai della squadra dei magli
del reparto Forgia della Breda Fucine contro la nocività che, ponendo il
problema della salute nei luoghi di lavoro, respingendo i ricatti e le minacce
sia dei padroni che del sindacato, si rifiutarono di lavorare su un impianto
pericoloso fino a quando non fu riparato.
In quegli anni il Servizio di
Medicina Preventiva per gli Ambienti di Lavoro (SMAL) di Sesto San Giovanni fece
una serie di rilievi nei reparti della Breda. Nelle sue relazioni (dal 1974 al
1988) denunciava l’uso massiccio, nei reparti Aste leggere, Forgia, Trattamento
Termico, Montaggio, di amianto, cromo, nickel, cobalto ed altri agenti altamente
cancerogeni e inquinanti. Questi rapporti, indirizzati al Consiglio di fabbrica
della Breda Fucine, alla Direzione Aziendale, all’Assessorato alla Sanità della
regione Lombardia e del Comune di Sesto S.Giovanni, all’Ispettorato del Lavoro,
a CGIL-CISL-UIL, alla F.L.M. (Federazione Lavoratori Metalmeccanici), furono da
tutti completamente ignorati in nome della produttività e
competitività.
Circa 20 anni dopo, nel 1996, davanti alle continue morti
per tumori di decine di operai che avevano lavorato in questi reparti, i
lavoratori della ex Breda Fucine - che privatizzata, smembrata in tre società,
di lì a poco avrebbe chiuso - e i loro familiari hanno costituito il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di
Lavoro e nel Territorio.
Purtroppo il numero dei malati e dei
morti è destinato a salire ancora: fino ad oggi ne contiamo oltre 70. E’ questo
il pesante prezzo pagato dai lavoratori della Breda Fucine sull’altare del
profitto. Ma il presente è frutto del
passato…….
Con la svolta dell’EUR i sindacati ed il P.C.I. si
assunsero in prima persona il compito di contenere i salari, sostenendo fra i
lavoratori la tesi “...che l’aumento dei salari avrebbe fatto salire
l’inflazione”. Il Gruppo Operaio cercò di combattere questa tesi, ma presto si
rese conto che non bastava denunciare gli accordi e le piattaforme sindacali
rivendicando più soldi. Nelle assemblee di fabbrica PCI e sindacato erano
maestri nell’argomentare teoricamente e politicamente la necessità dei
sacrifici, ed era proprio a partire dalle compatibilità con il sistema
capitalista e dalle esigenze aziendali, che essi stabilivano gli incrementi
salariali e normativi.
La lotta imponeva ai militanti del Gruppo Operaio
un salto nella comprensione teorico-politica e cominciammo a darci gli strumenti
adeguati. Dopo una ricerca, facemmo una selezione dei materiali che ci potevano
servire nella battaglia politica. I primi due libri nei quali trovammo aiuto e
risposte furono “Lavoro salariato e capitale” e “Salario prezzo e profitto”
entrambi di Karl Marx. Questi libri, scritti oltre centocinquant’anni fa, ci
fornirono elementi utili per smontare la tesi che sostenevano PCI e sindacati
sul rapporto salari-inflazione, permettendoci di dare una spiegazione teorica
alle nostre argomentazioni politiche-sindacali e ai nostri
obiettivi.
Queste letture, insieme a “Stato e rivoluzione” e a
“L’imperialismo fase suprema del capitalismo” di Lenin, sono state per noi una
bussola e una guida per l’azione quotidiana in fabbrica. La necessità di
contrastare le teorie sostenute dal PCI sulla “classe operaia che si era fatta
stato” nell’ambito del sistema capitalista, o di alcuni settori dell’Autonomia
Operaia che affermavano che gli operai erano ormai integrati nel sistema
capitalista, portò successivamente i compagni più attivi del gruppo operaio alla
necessità dello studio del Capitale di Karl Marx. Per oltre un anno, prima un
giorno alla settimana e poi ogni 15 giorni, a turno uno di noi preparava e
relazionava un capitolo agli altri membri del gruppo; l’astrazione teorica con
forti riferimenti alla realtà nella quale eravamo inseriti generava dibattiti
accesissimi.
La conoscenza di questi testi, fra cui il “Manifesto del Partito
Comunista” di Marx, ci permisero di intraprendere e/o organizzare azioni di
lotta facendoci assumere posizioni indipendenti ed in contrasto con il
PCI.
Volantino 1
SULLA
PERICOLOSITA’ DEL LAVORO IN FABBRICA
Le condizioni
antinfortunistiche in forgia sono inesistenti. Da tempo succedono fatti gravi.
Oltre ai rumori, al fumo e al calore che minano la salute, lavorando sugli
impianti vecchi e logori gli incidenti sono all’ordine del giorno. Gru che
perdono pezzi, magli che perdono i bulloni, con grave rischio per gli
operai.
L’ultimo incidente verificatosi al maglio 35000 alla presenza dello
SMAL (è partito come un proiettile un blocchetto di ferro) solo per puro caso
non ha ammazzato qualche operaio.
La direzione rispondendo alla lettera
inviata dallo SMAL all’ispettorato del lavoro dove si denunciavano le condizioni
di lavoro e l’incidente successo, ancora una volta ha scaricato la colpa sugli
operai.
Alla squadra che voleva far rilevare la pericolosità di certe
lavorazioni e l’inesistenza delle protezioni antinfortunistiche è stato risposto
che non va interpellata la squadra ma solo il capomaglio per un consulto
tecnico, allontanando in malo modo gli operai.
Operai della Breda Fucine,
in nome
dell’aumento della produttività e del profitto i padroni e i loro tirapiedi ci
costringono a lavorare in condizioni pericolose.
L’aumento dello sfruttamento è la causa principale
dell’aumento degli infortuni.
RIBADIAMO LA DIFESA DEI NOSTRI INTERESSI,
RIFIUTANDOCI DI LAVORARE FINO
A QUANDO NON SARANNO GARANTITE LE MISURE
ANTINFORTUNISTICHE.
Un gruppo di operai della
Breda
Fucine
Gennaio 1978
Nota: SMAL – Servizio di Medicina
preventiva per gli Ambienti di Lavoro
Volantino 2
CINQUE OPERAI IERI SONO MORTI IN UNA FABBRICA DEL
VENETO
Uno di essi è caduto in una fossa di liquami. Gli altri
quattro sono morti nel tentativo di salvarlo. Il liquame era diventato un
tossico mortale perchè da tempo non veniva sostituito.
Nessun controllo era
stato eseguito prima di avviare il lavoro di scarico.
La vita degli operai
non costa niente ai padroni, ci sono tanti disoccupati da mandare al macello che
non vale la pena di sprecare qualche spicciolo in opere di
prevenzione.
Gli investimenti devono essere produttivi, ciò che non rende
profitto è capitale morto, muoia dunque l’operaio purché si valorizzi il
capitale!
Per quattro operai che non hanno esitato a dare la loro vita
nel disperato tentativo di salvare un compagno i valori morali sono
completamente rovesciati. Quando non si ha proprietà da difendere, quando si è
costretti a vendere quotidianamente le proprie braccia per vivere, quando la
solidarietà con i propri compagni diventa l’unica possibilità, di difendersi
dallo sfruttamento, ci si può anche gettare in una fossa di veleni per allungare
un braccio al proprio compagno di sventura. Ma sono valori di una classe
particolare che dev’essere tenuta sottomessa ai gradini più bassi della società.
Quando se ne parla è solo per insultarli.
Gli operai sono assenteisti, non
producono abbastanza, non sono abbastanza solidali con i padroni e l’economia è
in crisi.
Per i cinque operai, per le loro famiglie dunque neppure un
minuto di sciopero, non un comunicato di condanna o di
solidarietà.
Evidentemente anche per i “rappresentanti dei lavoratori”
l’umanità si distingue per il valore della pelle, ci sono quelle pregiate e
quelle che non valgono neppure un minuto di protesta.
D’altra parte sono
5.000 gli operai che ogni anno vengono assassinati sul posto di lavoro.
Tre
ore di sciopero per ciascuno significherebbe far perdere ai padroni 15.000 ore
di profitti.
Dove andrebbe a finire la solidarietà nazionale per salvare
i padroni dalla crisi?
OPERAI, CINQUE
COMPAGNI SONO MORTI E NON NE CONOSCIAMO NEPPURE IL
NOME, NON POSSIAMO
ONORARNE LA MEMORIA NÈ AIUTARNE LE FAMIGLIE. ECCO
COSA CONTIAMO NELLA
DEMOCRAZIA DEI BORGHESI.
Gli operai dei Magli e Trafila della Breda
Fucine
Volantino 3
ANCORA SULLE
FESTIVITA’
Compagni,
OGGI UN’ALTRA FESTIVITA’ VIENE
SACRIFICATA IN NOME DELLA RIPRESA DEI PROFITTI.
Intanto, mentre sono in corso
le trattative tra Confindustria e sindacati per l’accordo definitivo sulla
questione, sta per essere varato il nuovo governo di solidarietà
nazionale.
Come sugli altri punti politici le diverse fazioni borghesi
giocano al rialzo per racimolare qualche ministero nel prossimo rimpasto di
governo, e usano le rispettive correnti sindacali come base di manovra:
. Il
PCI (CGIL) per piazzarsi nel governo, ma con calma, senza bruciature
. Il PSI
e i partiti minori (UIL) con foga, per non essere tagliati fuori
. I gruppi
semirivoluzionari per inserirsi nelle famose “contraddizioni interborghesi” che
reggono lo strascico ai più sinistri.
Così si minacciano scioperi
generali, marce a Roma con seguito di operai ecc...
Lo stesso PRI di La Malfa
invoca a gran voce il PCI al governo, perché sarà difficile far digerire le
nuove misure antioperaie senza la sua copertura. Non ci illudiamo su questi
rigurgiti di “sinistra”.
L’accordo politico sarà raggiunto anche se ciò
provocherà il malumore dei più “emarginati”.
C’è da ristabilire la
competitività dell’imperialismo italiano, bisogna intensificare lo sfruttamento
degli operai, occorre un quadro politico più compatto.
SICCOME SI STA
CONTRATTANDO IL PREZZO DELLA NOSTRA PELLE, SARA’ BENE PRECISARE ALCUNI
PUNTI.
1. Noi non crediamo nei santi, ma le festività sono turni di
riposo necessari e ormai acquisiti dal movimento operaio. Non vogliamo
monetizzare il riposo. Tanto più che il salario non è che il prezzo della nostra
forza-lavoro, ovvero il nostro “costo di produzione” per vivere e riprodurci
come specie di operai. Sul breve periodo i pochi soldi che ci troviamo in più
nella busta paga verranno smangiati dall’aumento dei prezzi e ci ritroveremo
come prima, ma con 5 giorni di riposo in meno. Non è riducendo il riposo che si
adeguano i salari al costo della vita, ma lottando per gli aumenti.
2. I
sacrifici imposti dal padronato e accettati dal sindacato dovevano servire a
incrementare l’occupazione. In realtà è aumentata la disoccupazione! Le stesse
fabbriche in cassa integrazione hanno abolito le festività. Se servono più ore
di lavoro perché non si assumono gli operai necessari?
Evidentemente la
disoccupazione serve ai capitalisti per ricattare gli operai e imporgli
condizioni capestro. Chi lavora ha il privilegio di essere sfruttato, chi non
lavora di fare la fame.
3. L’abolizione della festività è una richiesta
contrattabile o è una imposizione? Se si tratta di richiesta contrattabile come
affermano i sindacalisti:
a) deve essere facoltativo e ogni operaio deve
essere libero di lavorare o no; se non si lavora deve essere corrisposta la
festività normale.
b) nel caso venga lavorata deve essere pagata come
“festività”; inoltre le festività lavorate devono essere accantonate come
ferie.
Se non si accettano questi punti non si tratta di richiesta
contrattabile, ma di imposizione coercitiva all’allungamento di orario, di cui
il sindacato deve considerarsi responsabile.
Un gruppo di operai della Breda Fucine
4
gennaio 1978