sommario
> Capitolo 3. [M. Michelino:1970-1983 - La lotta di classe nelle
grandi fabbriche di Sesto San Giovanni]
LA POLITICA DEI SACRIFICI IN FABBRICA E LO SCONTRO CON
IL PCI
Sostenendo il concetto che “l’emancipazione degli
operai deve essere opera degli operai stessi”, il “GRUPPO OPERAIO” partecipa a
tutte le iniziative esprimendo le proprie posizioni. Contro la politica
dell’“unità nazionale” e della “pacificazione” sostenuta da padroni, PCI e
sindacati, il Gruppo Operaio afferma una lettura della storia basata sulla lotta
di classe e sul contrasto tra oppressi ed oppressori.
I lavoratori che
fanno riferimento al Gruppo Operaio sostengono che l’operaio moderno, al
contrario degli oppressi di altri periodi storici, con l’affermarsi
dell’industrializzazione non solo non progredisce, ma anzi cade sempre più in
basso al di sotto delle condizioni della sua classe di appartenenza e il suo
impoverimento si sviluppa più rapidamente rispetto al passato. Con questa
posizione si sostiene la tesi, dimostrata dalla storia, che l’esistenza della
borghesia non è più compatibile con lo sviluppo della società. Quindi, non di
costo del lavoro bisogna parlare, ma di costo del capitale che pagano i
proletari e le masse sfruttate del mondo.
La ricerca del massimo profitto
acuisce i contrasti di classe e si scontra con la resistenza della classe
operaia in lotta contro il peggioramento delle proprie condizioni di vita. La
lotta economica è un aspetto della lotta tra le classi, esprime un conflitto di
interessi tra borghesia e proletariato. E’ una lotta necessaria per limitare lo
sfruttamento capitalistico, ma per quanto efficace possa essere, da sola non
basta.
L’esperienza ricorda costantemente ai lavoratori che la classe
operaia, nella difesa dei suoi interessi materiali, lotta contro gli effetti e
non contro le cause del proprio sfruttamento
Separare la lotta economica da
quella politica per la presa del potere è sempre stato l’obiettivo .della
borghesia. Il PCI ed i dirigenti sindacali di CGIL-CISL-UIL, riconoscendo come
legittimo il profitto e la società basata sullo sfruttamento dell’uomo
sull’uomo, si fanno paladini dell’ideologia borghese tra i
proletari.
Presentandosi come rappresentanti “ufficiali” degli operai,
diventano i principali sostenitori della “politica dei sacrifici”. Il PCI
attraverso i suoi uomini nel sindacato cerca di controllare i movimenti dei
lavoratori, impedendo lo scoppio di lotte autonome e indipendenti basate su
reali interessi dei lavoratori.
I volantini qui riprodotti si riferiscono
alla polemica che prende spunto da un articolo pubblicato sull’Unità. Nella
risposta al quotidiano del PCI si cerca di dimostrare il rapporto fra il calo
dei salari e dell’occupazione.
Il PCI risponde con un volantino intimidatorio
volto ad “individuare” operai conosciuti da tutti.
Questo scontro, tra PCI e
sindacato da una parte e operai “sconosciuti” a loro, ma conosciuti da tutti,
dall’altra, sarà ricorrente in quegli anni.
Inoltre la denuncia che i bilanci
passivi sono una fonte di finanziamento per partiti e superburocrati svela con
decine d’anni d’anticipo quello che passerà alla storia come lo scandalo di
“Tangentopoli”.
Volantino 1
BISOGNA RINGRAZIARE L’ESPERTO RITAGLIATORE
DELL’UNITA’
Bisogna ringraziare, l’esperto ritagliatore
dell’Unità, più a suo agio con le forbici che con la penna.
Fornendoci egli
stesso le prove non potrà rimproverarci di inventare le critiche al suo
partito.
Il PCI dimostra, dati alla mano, che nonostante la crisi le nostre
condizioni, o meglio dei “lavoratori dipendenti”, non sono peggiorate ma
addirittura migliorate del 2%, mentre la disoccupazione è aumentata di poco,
solo dello 0,1%.
Vogliamo mettere in rilievo solamente due
considerazioni:
1. E’ una vecchia arte dei padroni quella di usare le
statistiche per dimostrare che mentre loro stanno andando in miseria noi
sguazziamo nell’abbondanza e, nonostante alla fine del mese ci troviamo in
bolletta, le cifre dimostrano che abbiamo guadagnato di più. I sistemi di
manipolare le cifre sono tanti. Uno è quello di fare i calcoli sul “lavoro
dipendente”, ovvero di chi non svolge un’attività in proprio. Tra questi ci sono
tutti i funzionari dello stato, i superburocrati, perfino i direttori di
fabbrica, tutti stipendiati a fior di milioni. Così si calcolano anche gli
aumenti delle pensioni, ecc.
Ma il PCI non fa neppure un accenno ai dividendi
che gli azionisti hanno incassato quest’anno (vedi Fiat, 58 miliardi..).
Con
questo metodo il PCI può solo dimostrare di aver ben acquisito la scuola
lamalfiana, ma non di certo che gli operai hanno migliorato.
Ciò che non può
nascondere è che la disoccupazione è aumentata, mentre proprio l’aumento
dell’occupazione è stato posto in questi ultimi 3 anni come contropartita al
contenimento dei salari.
2. Nell’articolo sull’economia c’è una
conclusione che non è stata sottolineata dall’attento sforbiciatore, e cioè che
“misure coraggiose e difficili” devono essere ancora fatte.
Ovvero ci sono
ancora ampie possibilità di prelievo dalle tasche dei
lavoratori.
Nell’imminenza dei contratti, padroni e governo piangono miseria
e tentano di convincere gli operai a moderare le loro richieste. La politica dei
sacrifici è oggi il cavallo di battaglia che accomuna i nuovi e vecchi reggicoda
dei capitalisti.
Il PCI si pone come il più autorevole persuasore, rimenando
la storiella che gli occupati non hanno ancora fatto abbastanza sacrifici mentre
bisogna pensare ai disoccupati.
Un po’ più di fantasia, suvvia, per un
partito che si propone di convincere gli operai a fare la fame per salvare il
sistema capitalistico!
6/4/78
Gruppo Operaio Breda
Fucine
Volantino 2 (la risposta del PCI)
FALSARE LE POSIZIONI E LANCIARE INVETTIVE E’ UNA
CARATTERISTICA CHE ACCOMUNA DA SEMPRE GLI “ANTICOMUNISTI”
(Da
quelli del ’48 a Montanelli, sino alla variante di “sinistra”: Lotta Continua,
Autonomia Operaia)
La cosa non ci stupisce; da più di 50 anni, da quando
ci siamo battuti prima contro i fascisti, poi contro Scelba e Tambroni a difesa
della democrazia, fino alle lotte più recenti abbiamo sempre avuto nemici
disposti a usare ogni mezzo: non c’è da stupirsi che oggi si travestano persino
di rosso!
Da qualche tempo abbiamo significativi esempi in tal senso
anche alla Breda Fucine. Singoli individui che si mimetizzano sotto la sigla “un
gruppo di operai” pur messi in condizione di conoscere le reali posizioni del
PCI continuano, perché questo in fondo è il loro ruolo, a stravolgere le
cose.
Lo dimostrano ancora una volta con le considerazioni fatte su alcuni
articoli dell’Unità da noi pubblicizzati: vengono manipolati i dati
sull’occupazione (quello relativo all’industria diventa generale) e per ciò che
riguarda la distribuzione del reddito, dato che smentisce la falsa campagna
estremista sulla svendita degli interessi degli operai da parte di PCI e
Sindacato, si preferisce ironizzare e distorcere, pensando forse in questo modo
di ottenere qualche consenso tra i lavoratori.
La più grossa stupidaggine
però la registriamo quando vengono evocati i dividendi agli azionisti Fiat.
I
lavoratori - che sono meno sprovveduti di certi “esperti” - sanno che la Fiat è
una società multinazionale operante tra l’altro in Spagna e in Brasile, dove
orari e ritmi sono più alti e i salari più bassi rispetto a quelli
italiani.
I profitti Fiat derivano pertanto solo in parte dal nostro paese,
dove peraltro l’azienda torinese opera in condizioni di mercato
favorevole.
Perché non si parla allora di società come l’Alfa (140
miliardi di perdite annue) o l’Italsider (400 miliardi di perdite) o delle
grosse aziende chimiche in crisi. Queste aziende, “tutte italiane”, occupano
centinaia di migliaia di lavoratori! Si preferisce sottacere questa
realtà.
La lotta del sindacato sugli investimenti non ha pagato come
doveva anche perché troppo spesso migliaia di miliardi sono finiti a coprire
perdite o in operazioni di salvataggio.
Oggi non basta pertanto affermare che
le responsabilità sono delle classi dirigenti capitaliste:
lo sappiamo e non
lo dimentichiamo.
Il rischio però è che del loro fallimento ne faccia le
spese la classe operaia. Non raccontiamo pertanto “storielle” quando indichiamo
di lottare per il risanamento delle imprese da una parte, per nuovi investimenti
dall’altra.
Indichiamo l’unica via in grado di opporsi al progressivo
deperimento dei paese.
La classe operaia ha conquistato per tutti la libertà
di esprimersi.
Chi si maschera dietro sigle anonime o è un codardo o è
squalificato al punto tale di avere vergogna di essere
individuato.
P.C.I.
Sezione Ho Chi
Min
Cell. BREDA FUCINE
Aprile 1978
Volantino 3
(la replica del Gruppo Operaio)
GRANDE
PARTITO MISERI ARGOMENTI
Due erano i punti trattati nel nostro
volantino.
Il primo spiegava come i borghesi (e il PCI) falsificano le
statistiche includendo, sotto le parole INCOMPRENSIBILE sia i salari operai (in
diminuzione), sia i superstipendi (in aumento), per dimostrare che gli operai
non sono stati colpiti ancora, ma addirittura continuano a migliorare. Su tutto
ciò neppure una parola di smentita del solerte difensore dell‘Unità”. Nel
secondo punto rilevavamo che in prossimità dei contratti, i padroni (e il PCI)
piangono miseria, dichiarano bilanci da bancarotta e implorano richieste
salariali “compatibili”. Nella sua risposta il PCI riconferma tali lamentele ed
esibisce come “prova” i bilanci deficitari Alfa e Italsider.
Ci critica
perché abbiamo parlato del dividendo Fiat, con cui dimostravamo che perfino
nella crisi alcuni capitalisti fanno buoni affari.
La Fiat funziona, secondo
il PCI, perché è una multinazionale. Ma il dividendo di 80 miliardi si riferiva
solo alla Fiat italiana. Chiunque, inoltre, può controllare i bilanci in attivo
delle maggiori società per azioni.
Per quanto riguarda Alfa e Italsider,
anche i bambini sanno che i bilanci passivi sono una fonte di finanziamento per
partiti e superburocrati. Il PCI dovrebbe pubblicare, accanto al passivo
dell’azienda, quanto hanno intascato gli azionisti, per vedere se sono andati in
passivo anche loro.
Abbiamo anche trattato dell’aumento (0,1%) della
disoccupazione e come la favola dei sacrifici degli occupati per favorire
l’occupazione serve a colpire occupati e disoccupati e a favorire i
padroni.
COSA RISPONDE IL PCI? Che l’aumento dello 0,1% va riferito solo
all’industria.
Interessante precisazione. Non solo non è aumentata
l’occupazione dei senza lavoro, ma ha perso il lavoro anche chi prima
l’aveva.
Dunque nella sostanza la smentita dei PCI non fa che riconfermare le
nostre critiche, anzi le rafforza.
È naturale che per coprire questo vuoto di
argomenti il PCI sia costretto ad usare un linguaggio da nobildonna offesa, una
sequela di insulti che, come si sa, non hanno bisogno di essere
argomentati.
Ci chiama anticomunisti perché rifiutiamo la politica dei
sacrifici, si appella al passato “glorioso” di ex partito operaio per coprire la
politica filopadronale del presente, e conclude in bellezza definendoci
“codardi” e “squalificati” perché ci firmiamo “un gruppo di
operai”.
Dobbiamo firmare col nome? Ci vuole forse più coraggio a
nascondersi dietro la sigla “PCI”?
Oggi essere membro del PCI e difendere il
capitalismo non comporta nessun rischio, anzi è motivo di carriera in
fabbrica.
Gli operai e anche il Consiglio di fabbrica ci conoscono bene,
interveniamo nelle assemblee e tutti ci possono “individuare” quando
vogliono.
CONCLUSIONE: nonostante la buona volontà i burocrati sono
sempre più bravi con le forbici che con la penna.
Gruppo Operaio Breda
Fucine
11/4/78