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Michelino - Trollio: Operai carne da macello

22.  La condanna dei dirigenti

 

Il 5 gennaio 2005, alle 8 di una fredda mattina milanese, siamo già davanti alla scalinata del Tribunale. La lettura della sentenza è prevista per le ore 9, ma non vogliamo rischiare di farci fregare un’altra volta . A mano a mano arrivano i soci del Comitato, arriva Ornella, la figlia di Giancarlo. Alle 8.45 siamo tutti in aula. Arrivano anche Sandro Clementi e la sua assistente Barbara Manara. Barbara, che è stata al nostro fianco in tutti questi anni, oggi è la prima volta che lo fa come avvocato: ha finalmente superato tutti gli esami. Lei ne è felice e noi anche… possiamo contare su un altro avvocato.

Alle 9 in punto entra il giudice Moccia, fa l’appello delle parti e si ritira in camera di consiglio. Quando rientra, in aula c’è un silenzio di tomba. Si accendono le telecamere della RAI, i numerosi giornalisti presenti hanno la penna pronta.

Il giudice legge i nomi dei primi 9  imputati: “Non doversi procedere per intervenuta prescrizione a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche”.

Per gli altri 3 dirigenti:  “assolti per non aver commesso il fatto”.

Nel silenzio profondo si alza un mormorio, che diventa sempre più forte: “vergogna, vergogna. Li avete uccisi un’altra volta. Non c’è giustizia per i lavoratori!”.

Adesso gridiamo forte e apriamo il nostro striscione, che grida anch’esso “ingiustizia è fatta”.

Il giudice ci guarda allibito, raccoglie le sue carte e, nell’uscire ha un attimo di esitazione.

Poi capiremo il perché. Intervistato lo stesso giorno da La Prealpina (quotidiano di Varese), dirà “Spiace vedersi accogliere in questo modo una sentenza, soprattutto quando si è fatto il possibile per applicare nel modo migliore lo spirito della legge”.

Anche il Pubblico Ministero dr. Basilone non ha capito la nostra protesta. Ai microfoni della RAI dice: “La sentenza riconosce l’impianto accusatorio. Il Tribunale, applicando la prescrizione, ha ribadito la fondatezza dell’imputazione. Purtroppo il tempo trascorso prima della sentenza ha fatto cancellare il capo d’accusa”.

Noi, invece, abbiamo capito benissimo, e così lo spiega ai giornalisti Michele. “È un passo avanti di quelli che fanno arrabbiare. Il ricorso alla prescrizione indica un piccolo cambiamento del clima generale, anche dopo il briciolo di giustizia riconosciuto un mese fa ai morti di Porto Marghera, ma non è abbastanza. Ancora una volta ci è chiaro che il diritto al profitto viene anteposto al diritto alla salute dei lavoratori e che non esiste una legge uguale per tutti né una giustizia al di sopra  dei poteri forti e delle classi”.

Lo spiega anche il nostro comunicato, che verrà mostrato da RAI3 nei telegiornali del pomeriggio e della sera:

 

 

 Processo Breda/Ansaldo per la morte da amianto

dell’operaio Giocarlo Mangione

 

IL GIUDICE RICONOSCE LA COLPA

DI 9 DEI 12 DIRIGENTI IMPUTATI

 LA PRESCRIZIONE LI SALVA

 

Questa mattina il giudice Ambrogio Moccia, del Tribunale di Milano, ha sentenziato il “Non doversi procedere per intervenuta prescrizione visto il riconoscimento delle attenuanti generiche” nei confronti di 9 dirigenti della Breda/Ansaldo, e l’assoluzione di altri 3, tutti imputati dell’omicidio colposo di Giancarlo Mangione, operaio, stroncato dal tipico tumore d’amianto, il mesotelioma della pleure.

Così, pur essendo stati riconosciuti colpevoli di questa morte, nessuno di loro pagherà perché è decorso il tempo massimo. Ora la famiglia, se vorrà avere un risarcimento, dovrà imboccare il calvario di una nuova, lunga,  causa civile.

 

Ancora una volta, nonostante l’accertata responsabilità penale dei dirigenti di una delle più grandi aziende a livello nazionale, INGIUSTIZIA E’ FATTA’.

In Italia chi uccide i lavoratori in nome  dei bilanci aziendali è, e resta, impunito. L’unico diritto riconosciuto è quello di fare profitti, a questo sono subordinati tutti gli altri “diritti umani”. Le leggi, le norme, una giustizia di classe che protegge in ogni modo i padroni,  un intero sistema economico, politico e sociale fondato sul capitalismo fa sì che la salute e vita umana, davanti ai profitti, passino in secondo piano.

 

La sentenza è stata duramente contestata in aula dai familiari e dagli ex compagni di lavoro di Giancarlo, presenti insieme a molti soci del nostro Comitato.

 

Questo esito non fermerà la nostra battaglia, non solo per i 73 morti della Breda, ma perché ovunque chi inquina, sfrutta e uccide in nome del profitto, prima o poi paghi per i suoi delitti e sia finalmente fatta giustizia.

 

 

Abbiamo capito benissimo. Il sistema economico, politico e sociale in cui viviamo si è dato delle leggi che, anche quando sono costrette a riconoscere la colpa di chi mette il profitto prima della vita umana, assicurano anche che i responsabili restino comunque impuniti.

Nei prossimi 15 anni sono previsti 25/30.000 morti per mesotelioma pleurico.

Ornella Mangione dice alla RAI “noi, sono 10 anni che lottiamo”: se questi sono i tempi per portare in tribunale i responsabili di questa strage annunciata, stiano pure tranquilli i cavalieri non “del lavoro” ma “del capitale”, hanno già garantita la prescrizione.

 

E in questo freddo 5 gennaio, giorno di lutto su tutto il pianeta per le vittime del maremoto del 26 gennaio, un pensiero molesto si affaccia al cervello: sono proprio così “naturali” le catastrofi che, quando colpiscono paesi ricchi fanno sì vittime e danni, ma quando colpiscono paesi poveri provocano qualcosa di colossale, che le parole hanno difficoltà a definire?

Una catastrofe “naturale” di identica intensità causa meno vittime in un paese ricco che in un paese povero. Lo dice il rapporto del febbraio 2004 pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp).

 

Così si chiude il cerchio: nel piccolo e nel grande è la logica del profitto, non il destino o la natura, che cancella la vita di milioni di esseri umani. 


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