Prendiamo la Parola n. 44

Il n. 44 del bollettino

Sommario:


Editoriale
Rinnovo contratto enti locali: spunti di riflessione
Gabbie salariali o lavoratori in gabbia?
Ricorsi storici: non ci hanno insegnato nulla
Milano Ristorazione: interinali non riconfermati
Biblioteche in pericolo: volantinaggio all'Ifla
Cronache d'agosto
Expo - Innse e altri il filo nero della speculazione
La lezione degli operai della Innse
13 miliardi di euro per 131 caccia, vergogna!

Editoriale


Nonostante tutti gli annunci sulla fine della crisi economica, nel 2010 sono previsti tra 800.000 e 1.000.000 di licenziamenti, situazione che provocherà l’esauri-mento delle varie Cig, la chiusura di aziende e fosche ripercussioni sui rinnovi contrattuali.
In parole povere il peso della crisi ricadrà sempre sulle spalle della classe lavoratrice.
Da vero parassita il capitalismo succhia sempre più soldi dallo Stato, sottraendoli alla sanità, alla previdenza, alla scuola, agli enti locali costringendoli a tagliare i servizi il tutto sulla pelle dei meno abbienti.
Come già detto in altre occasioni è insito nel sistema capitalistico la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite, così come lo sviluppo del capitalismo per sopravvivere alla concorrenza spietata è sempre più portato al concentramento monopolistico su scala mondiale.
Per fare un esempio pratico basta vedere la Fiat, dopo aver assorbito tutte le altre case automobilistiche italiane, nonostante i più che generosi aiuti governativi, l’uso massiccio della cassa integrazione, la produzione esportata verso paesi con un più basso costo della manodopera; per sopravvivere deve cercare di ampliare il suo monopolio all’estero.
A tutto ciò né la cosiddetta sinistra, né i sindacati confederali o concertativi sanno dare una soluzione.
Le richieste di aumento della cassa integrazione, i contratti di solidarietà, i prepensionamenti sono tutti palliativi che alla fine si ritorcono contro i lavoratori peggiorandone le condizioni lavorative e in fin dei conti favorendo il disegno padronale di riduzione del personale.
Non sono i lavoratori che sono in esubero, ma l’intera classe dei parassiti capitalisti! È questo sistema che va rimosso per far posto a una nuova società più giusta, più equa!
È ora di dire basta!
I lavoratori devono imparare ad organizzarsi non solo per difendere i loro interessi più immediati, ma anche per darsi come obiettivo la nascita di un sistema diverso, una società più giusta.
Tutti i lavoratori devono trovare degli obiettivi unificanti, dagli operai agli studenti, ai pensionati ai lavoratori pubblici, ai disoccupati tutti uniti:
Solo organizzando le nostre forze, che sono immense, lottando uniti in un ampio fronte anticapitalista potremo migliorare le nostre condizioni di vita.
Sono solo i lavoratori, i precari i disoccupati in quanto classe più sfruttata a dover lottare per migliorare le proprie condizioni, perché nulla ci sarà regalato.

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Rinnovo contratto enti locali: spunti di riflessione


Dei grossi difetti di questo contratto abbiamo già parlato sul numero 43 di questo bollettino e nei nostri volantini.
Con questa informativa intendiamo invitare i lavoratori ad una riflessione critica su quanto vi è stato detto riguardo al rinnovo contrattuale: presentato come un grande risultato ottenuto dai sindacati nel contesto di “recessio-ne”, non potevano ottenere di più. Con questo modo di far pensare i lavoratori del “meglio di niente”, i sindacati hanno sempre invitato a dare assenso a politiche che hanno decurtato drasticamente i salari a vantaggio delle imprese e degli affari speculativi.
E’ un dato che negli ultimi anni ogni contratto ha determinato una perdita di salario rispetto al precedente e adesso anche l’indennità di vacatio contrattuale (art 2 comma 4), garantita da una legge dello Stato, viene assorbita dagli aumenti.
Inoltre il mancato riallineamento della retribuzione tabellare tra i vari comparti del Pubblico Impiego (nella logica che "lavori simili debbano avere retribuzioni uguali...) continua a penalizzare i lavoratori delle Regioni e degli Enti Locali.
Per i Cobas, in primo luogo, è doveroso dire ai lavoratori che tali contratti sono improponibili.
Che se anche attualmente non ci sono rapporti di forza adeguati per invertire la tendenza, mai e poi mai si deve dare l’illusione di aver ottenuto qualche vantaggio da contratti che prefigurano costantemente la perdita di salario.
In secondo luogo bisogna prima o poi cominciare a porre una questione fondamentale: è vero che attualmente non ci sono rapporti di forza adeguati per invertire la tendenza, ma bisogna anche aggiungere che una nuova tendenza non potrà mai iniziare se un lavoratore si sente “privilegiato” perché lavora e non è disoccupato ….
Con il pensiero ereditato del “posto sicuro” se hai interiorizzato il principio del “meglio di niente” anche se poco... in fondo al tunnel buio si intravvede una corda per impiccarsi.
Non è vero che non serve dire di no a queste politiche che umiliano il mondo del lavoro:
un NO serve in primo luogo a rendere visibile la propria esistenza di lavoratori;
serve a creare una resistenza nei confronti dei poteri politici ed economici;
serve a «far pagare un prezzo» (in termini di consenso) ai protagonisti di queste politiche.
Ciascuno di Noi è chiamato a non nascondersi più dietro ad atteggiamenti fatalistici, ma ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, pensandosi come soggetto capace di modificare processi che solo in apparenza sembrano una fatalità.

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Gabbie salariali o lavoratori in gabbia?


Uno dei tormentoni politici di questa fine estate è stato quello delle sparate governative sulle gabbie salariali.
Riteniamo doveroso parlare di sparate governative in quanto se da un lato è stata la Lega ad aprire le danze dall’altro sia Sacconi che altri ambienti governativi hanno dimostrato un grande interesse per l’argomento, e la sudditanza di Berlusconi verso gli argomenti più xenofobi e razzisti del Carroccio non fanno ben sperare.
Come lavoratori abbiamo il diritto ma anche il dovere di opporci a questi progetti, poiché sono argomenti che hanno già storicamente dimostrato la loro dannosità per i lavoratori.
La favola degli stipendi più alti per chi ha un costo della vita più alto è uno zuccherino avvelenato che serve solo a dividere i lavoratori.
Un solo principio vale per i datori di lavoro, siano essi pubblici o privati, cercare di ricompensare l’attività lavorativa il meno possibile, tutto il resto sono frottole.
Altro principio di tutti i datori di lavoro è quello del dividi et impera e tutti i mezzi sono validi, tra cui le gabbie salariali.
O forse c’è il trucco, ossia tutto questo gran parlare di gabbie salariali serve solo a mascherare l’immondo inciucio della riforma contrattuale sottoscritto da sindacati corporativi.
Infatti uno dei punti cardine di tale riforma è quello dello svuotamento del contratto nazionale a favore di una fantomatica contrattazione decentrata a livello aziendale il cui scopo è incatenare i lavoratori all’andamento aziendale.
Peccato che i firmatari di tale “rivoluzione” hanno dimenticato che simili esperimenti furono già fatti in passato, arrivando anche alla partecipazione societaria dei lavoratori tramite il possesso di azioni.
Tutto bene, finché ha fatto comodo ai padroni, che però non hanno esitato a licenziare quando lo hanno ritenuto opportuno.
Quindi anche questo è uno strumento da contrastare.
La linea è solo una, i lavoratori devono essere il più possibile uniti, e avere chiare le loro rivendicazioni e pretendere che tutti i sindacati facciano del loro meglio per raggiungere quelli obiettivi, senza tentennamenti e soprattutto senza compromessi di dubbia utilità.
Per restare in argomento vogliamo quasi fare una provocazione, chiedendoci per quale motivo, per un bene essenziale come la casa una famiglia deve spendere una cifra che è pari ad uno stipendio?
Dicono che così sono le leggi del mercato, ma resta immorale in ogni caso.

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Ricorsi storici: non ci hanno insegnato nulla


Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perchè tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Emigranti italiani ieri Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
immigrati albanesi oggi Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.”
“Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.

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Milano Ristorazione: interinali non riconfermati


I vertici della Milano Ristorazione S.p.A., hanno deciso, con comunicazione verbale del 1 settembre, di lasciare a casa praticamente tutti gli addetti interinali dei Centri Cucina!
Bravi! Così, oltre ad aver illuso tutta l'estate queste lavoratrici, praticamente tutte donne a 9 mesi che sono rientrate in città pensando di firmare il contratto nelle "agenzie" (persone che lavorano nelle mense da anni e anni), hanno comunicato ai cuochi che dovranno fare da sè ogni tipo di pulizia, dalle padelle alle latrine!

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Biblioteche in pericolo: volantinaggio all'Ifla


Dal 23 al 27 agosto si è tenuto a Milano il Congresso della Federazione mondiale delle biblioteche (IFLA). Ad esso hanno partecipato circa 4 mila bibliotecari provenienti da tutto il mondo. Questo è il testo del volantino distribuito in 4 lingue dai lavoratori della biblioteche comunali milanesi.
Salutiamo i bibliotecari convenuti a Milano per il Congresso IFLA 2009 e auguriamo loro buon lavoro.
La situazione della cultura in Italia è preoccupante.
I continui tagli di risorse e personale pregiudicano infatti il buon funzionamento dell’università, della scuola, delle biblioteche.
Il risultato è che – secondo quanto stabilito da autorevoli ricerche internazionali – solo 20 italiani adulti su 100 sanno leggere, scrivere e far di conto, cioè posseggono gli strumenti necessari per orientarsi in una società complessa.
Questa situazione richiederebbe un grande piano nazionale di alfabetizzazione e massicci investimenti nelle istituzioni formative e culturali di base. L’analfabetismo di massa rappresenta infatti un grave problema sociale e un grave rischio per la democrazia del nostro paese.
Nonostante l’allarme lanciato dalle istituzioni e dagli studiosi più autorevoli, italiani e internazionali, le autorità politiche nazionali e locali non solo non affrontano questo problema ma perseverano in una barbara politica di tagli, privatizzazioni e chiusura dei servizi culturali.
Sorge il sospetto che vogliano mantenere il popolo italiano nell’ignoranza per manipolarlo e sfruttarlo meglio.
Andamento degli affitti negli ultimi anni Milano ha costruito nel tempo una buona rete di biblioteche pubbliche, all’altezza dei bisogni dei propri cittadini. Questo patrimonio rischia oggi di essere dissipato. Anche le biblioteche pubbliche milanesi, infatti, a causa di una ormai cronica mancanza di risorse e personale, hanno ridotto gli orari di apertura e faticano a garantire servizi qualificati ai propri utenti.
Noi lavoratori delle biblioteche pubbliche milanesi non assisteremo passivamente al ritorno della barbarie: continueremo a difendere le nostre biblioteche, il loro carattere democratico e aperto, la loro missione culturale e sociale.

*Tullio De Mauro, Solo il 20 per cento degli adulti italiani sa veramente leggere, scrivere e contare, “Internazionale”, n. 734, 6 marzo 2008

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Cronache d'agosto

A prima vista, tutto sembra normale, la vita si svolge regolarmente, il frettoloso via vai di chi va a lavoro, il tranquillo vagabondaggio dei turisti, il giocoso rumore dei bambini che giocano.
Ma a poco a poco qualcosa turba l’atmosfera: pattuglie di militari presidiano le vie, in alcune zone sinistri gruppi quasi paramilitari affiancano le forze dell’ordine.
volontario della guardia nazionale Apprendiamo di cariche delle forze dell’ordine contro lavoratori che lottano per la salvaguardia del posto di lavoro.
Dai mezzi di informazione scopriamo che le ultime leggi prevedono la schedatura dei senza tetto, l’invito alla delazione contro gli stranieri.
La maggior parte dei mezzi di informazione sono sotto il controllo governativo e chi osa criticare viene pesantemente attaccato.
Al potere un governo con chiare origini fasciste e tendenze razziste con leader un uomo dall’oscuro passato ed in odore di legami mafiosi.
Atterriti ci chiediamo in quale nuova dittatura sudamericana siamo capitati.
Certo non siamo ai tempi di Pinochet ma l’impressione di una dittatura dai colletti bianchi rimane, una dittatura subdola non dichiarata ma presente.
Attoniti, ... ci rendiamo conto di essere qui in Italia.

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Expo - Innse e altri il filo nero della speculazione


Un filo nero, unisce la crisi di diverse fabbriche come la Innse, ma possiamo aggiungere la Metalli Preziosi, la Lares Cozzi entrambe di Paderno Dugnano a Sesto San Giovanni gli operai della Ercole Marelli rinunciano alle ferie per occupare la fabbrica.
Il filo nero, della speculazione edilizia, in tutti questi casi (ed altri) le fabbriche sono su terreni considerati edificabili, che con il progetto Expo sono diventati molto appetibili, allora molti preferiscono chiudere ed incassare i lauti guadagni derivanti dalla vendita dei terreni.
Un filo nero, che rischia di buttare centinaia di famiglia sul lastrico, il tutto in nome del profitto dei padroni.
Per finire, un invito se qualcuno ha vicino dei lavoratori in lotta per il loro posto di lavoro, investa un po’ del suo tempo per portargli un po’ di solidarietà.

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La lezione degli operai della Innse


Gli operai della INNSE hanno vinto la loro battaglia e hanno anche aperto la strada alla vittoria di altri operai e lavoratori di fabbriche e aziende in crisi. Hanno dimostrato che soltanto la lotta paga e che solo lottando senza farsi legare le mani dalle regole dell’avversario, è possibile ottenere grandi risultati. L’unità nella lotta di cinquanta operai (purtroppo rimasti in 49 per la dipartita di uno di loro, chissà forse lo stress lo ha ucciso) ha mostrato la potenzialità della classe operaia e ridato fiducia a quei lavoratori che ancora non credono sia possibile difendere il posto di lavoro e le conquiste e magari conquistarne di nuove. Di fronte alla determinazione e all’unità degli operai in lotta, anche i dirigenti dei sindacati di regime hanno dovuto adeguarsi alle modalità di lotta e di contrattazione degli operai e non viceversa, come spesso succede. I Rinaldini di turno sono dovuti andare a parlare con gli operai sul carroponte e a concordare con loro, preventivamente, gli obbiettivi da raggiungere e le richieste da avanzare invece che, come fanno di solito, trattare con i padroni e decidere le richieste e gli obbiettivi all’insaputa degli operai e, soltanto a trattativa conclusa, indire le assemblee per chiedere ai lavoratori se sono d’accordo o meno.
Manifestazione degli operai della Innse in Prefettura La lotta degli operai della INNSE è un esempio per le altre migliaia di operai che in questo momento stanno lottando contro la chiusura delle loro aziende e i licenziamenti. Da Melfi ad Ascoli già si sentono gli operai che presidiano le loro fabbriche al grido di “facciamo come gli operai della INNSE”!
Un elemento determinante della vittoria è stata la grande mobilitazione e solidarietà espressa attorno e davanti la fabbrica da operai di altre fabbriche, da organizzazioni comuniste, centri sociali e comitati di lotta, da studenti e sinceri democratici, pronti, ognuno a modo suo e con i propri mezzi, a sostenere la lotta operaia, a dimostrazione che il legame tra le lotte operaie e la lotta per cambiare la società e il sistema che la dirige è un legame inscindibile.
Gli operai della INNSE hanno vinto una battaglia contro il padrone dimostrando che è possibile sconfiggerlo.
Quello che dobbiamo ricordarci, che questa è l’essenza del capitalismo: il barbaro sfruttamento dell’uomo.

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13 miliardi di euro per 131 caccia, vergogna!


Mentre la crisi, morde ferocemente le tasche dei lavoratori italiani, lo scorso 7-8 aprile 2009 le commissioni Difesa di Camera e Senato hanno espresso parere favorevole al «Programma pluriennale relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter JSF», il faraonico progetto che il Governo intende lanciare mediante la produzione e acquisizione di 131 cacciabombardieri JSF completi di relativi equipaggiamenti, supporto logistico e basi operative. Costo stimato: oltre 13 miliardi di euro, nel periodo 2009-2026.
Tredici miliardi di euro!
A ciò va aggiunta la realizzazione sul suolo nazionale, a Cameri (Novara) di un centro europeo di manutenzione, revisione, riparazione e modifica dei velivoli italiani ed olandesi: costo di 605,5 milioni di euro.
E va aggiunto, anche, un altro miliardo di euro già investito per la fase di sviluppo. Vergogna!

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